I ragazzi della 1 N

“Cara signora,
lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai
suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che «respingete».”

Così inizia la lettera che gli studenti di don Milani, i ragazzi della scuola di Barbiana, hanno scritto negli anni Sessanta del secolo scorso, rivoluzionando quella che chiamate “didattica”.

Sono passati tanti anni, ma abbiamo provato – senza grandi pretese – a scriverne una anche noi. Noi ragazzi della 1N, la classe dei “maranza”, come ci chiamano a volte i compagni di altre classi. Vorremmo dire anche noi qualche parola su quella che chiamate “dispersione scolastica” e magari darvi qualche consiglio su come spendere i fondi del PNRR messi a disposizione della scuola per invogliare noi ragazzi a non considerare l’istruzione uno “spreco di tempo”, tempo che potremmo invece impiegare per lavorare o aiutare i nostri genitori nelle aziende di famiglia (magari imparando qualcosa di davvero utile). Questo è il primo punto. Noi pensiamo che spesso le lezioni siano troppo monotone e noiose, portando gli studenti a distrarsi e ad usare – anche se non si dovrebbe – il cellulare. Questo perché si parla spesso di cose troppo “vecchie” e non si parla mai dell’inquinamento o delle guerre moderne che ci sono ancora. Parliamo, ad esempio, degli antichi egizi, ovvero cose che ormai sappiamo benissimo e che non ci servono nella vita.

Così molti di noi preferiscono stare fuori, uscire con gli amici, aiutare i propri genitori nella gestione dell’azienda di famiglia, e talvolta anche abbandonare la scuola piuttosto che studiare materie che non serviranno nel lavoro che svolgeremo in futuro. Perché, a questo proposito, voi professori non ci portate più spesso in azienda o a far lezione fuori? Molti di noi hanno scelto questa scuola per questo motivo, ma ci siamo resi conto che siamo sempre chiusi in questa piccola stanza seduti su sedie scomode, immobili per cinque ore ad ascoltare i monologhi dei prof su argomenti che nella maggior parte dei casi non ci interessano o riteniamo inutili. Ad inizio anno, ad esempio, siamo andati a La Collina a Codemondo ed è stata una bellissima esperienza. Perché non farne altre?! Ma probabilmente la colpa non è vostra, cari prof, ma del sistema scolastico italiano, ritenuto da molti uno dei peggiori al mondo. Questo perché la pressione eccessiva e la competitività malsana sono diventati fattori immancabili e il carico di studio è fin troppo elevato, quindi non tutti riescono a reggerlo.

In Italia lo studio non si porta avanti solo a scuola, ma anche a casa. Di base la scuola finisce alle 13:00, ma a causa delle verifiche e delle interrogazioni, si passa il pomeriggio – che spacciano sempre per “libero” – a studiare, e ciò impedisce di coltivare hobby o di passare del tempo con gli amici. Alcuni di noi la mattina si alzano alle 5:30, prendono due mezzi per arrivare a scuola e due per tornare a casa, mangiare alle 15:30 e poi aiutare i propri genitori con l’azienda di famiglia. Chi di voi con una routine come questa avrebbe voglia di mettersi a studiare e fare i compiti il pomeriggio?! Alcuni di noi hanno anche dovuto abbandonare lo sport per questo. Passiamo, così, tutta la nostra adolescenza a studiare, non avendo neanche il tempo libero necessario per rispondere alle solite frasi inutili come: “goditi i tuoi anni d’oro, ora che puoi”, oppure “sono gli anni migliori della tua vita questi. Esci e fatti una vita sociale”. Va bene, ma come? Quando siamo piccoli ci mandano alle elementari per “imparare le basi”, dopo cinque anni dobbiamo andare alle medie dove studiamo le stesse cose dei precedenti anni. Dopo ci dicono di scegliere il nostro futuro, ma chi non riesce a farlo? Segue l’amico, che segue il volere dei genitori.

Per voi non ha senso? Beh, non ha senso per nessuno, ma non cambia lo stesso nulla. Ci dobbiamo arrangiare. Dobbiamo passare altri cinque anni in una scuola che forse nemmeno abbiamo scelto. Chi frequenta il liceo è un genio, è colto, è tutto il contrario di chi fa il professionale. Perché quelli del professionale sono delle “capre ignoranti” o perlomeno è questo il pensiero comune. Ma la verità è che chiunque è ignorante, perché non significa essere stupidi, ma non sapere un determinato argomento. Eppure la logica della scuola è questa: ci identificano in numeri ed etichette e ciò non fa che aumentare la discriminazione verso chi non ha voti alti. Molti preferiscono avere una vita sociale o lavorare piuttosto che avere voti alti, ma come dar loro torto?! Una ragazza ha condiviso un Tiktok in cui dice queste parole illuminanti:

“Pochi giorni fa una studentessa si è tolta la vita per la troppa pressione causata dagli studi e dai suoi risultati. Ma vi sembra normale vivere in un mondo dove se non hai un pezzo di carta con un numero abbastanza alto, allora non vali nulla?! Ditemi se vi sembra giusto che a milioni di ragazzi nel mondo venga condizionata la gioia di vivere e la voglia di vivere solo per quello che alla fine è un pezzo di carta. Certo, studiare è importante. Ma i tuoi voti a scuola non definiranno chi sarai da grande. Tutti sono portati per cose diverse e non tutti sono portati per lo studio.”

A questo proposito, uno di noi ha raccontato alla prof di aver avuto per mesi un’immagine per lo sblocco dello schermo del telefono. Questa immagine mostra una macchina e un nastro trasportatore in cui entrano dei bambini felici con i vestiti colorati ed escono dei giovani adulti col volto triste, una toga nera e un rotolo di carta in mano. Sulla macchina in questione la scritta “School” e da due tubi che fanno fuoriuscire i colori, le parole “creativity” e “intelligence”. Forse non è così, d’altronde, che ci vorrebbe la scuola?! Tutti omologati e tristi. “Zitti e buoni”, come diceva l’insegnante di quei ragazzi vivaci che, diventati famosi col nome di Maneskin, hanno deciso di farla diventare una canzone di successo in cui, chiassosi e trasgressivi, fanno tutt’altro.