Media, Società di Massa e Conformismo: Analisi
FIORINI PIETRO
La lotta portata avanti da Galileo contro il principio di autorità dimostra una grande convinzione dello scienziato nel tentativo di cambiare le cose, di regalare alla società un nuovo modo di osservare la realtà. Un pioniere che è riuscito a fermarsi per riflettere e guardare oltre, studiando e comprendendo ciò che minacciava il progresso dell’uomo, ovvero la cieca credenza nell’ipse dixit e la mancata indagine empirica del reale che impedivano la produzione di nuovo sapere. Il messaggio di Galileo riecheggia nella società dell’epoca ed egli si fa portavoce degli scienziati del mondo. Grazie a lui molti potranno farsi avanti e contribuire concretamente al progresso scientifico dell’uomo. Questo scatto da una concezione a un’altra, il passaggio da un modello di azione estremamente conforme a una libertà di agire slegati da ogni vincolo, ha sancito un passo fondamentale nella storia della scienza e dell’uomo, che finalmente può osservare la realtà per ciò che è e non con gli occhi di qualcun altro.
Possiamo ancora parlare di questa indipendenza, in una società mediatica capitalistica come quella odierna? Siamo ancora veramente liberi di pensare per conto nostro, o il nostro agire è controllato dalle grandi imprese multinazionali?
Lasciando da parte le miriadi di teorie cospirazioniste, è indispensabile riconoscere di essere minacciati da pubblicità e caos mediatico, che comunicano informazioni costantemente. Sin dall’avvento delle telecomunicazioni molti hanno riconosciuto nei media un potenziale enorme. La quantità di informazioni alla quale un individuo comune poteva avere accesso era più grande che mai, e semplicemente leggendo un giornale o stando davanti alla televisione era capace di informarsi in pochissimo tempo di tutto ciò che era avvenuto nelle ultime settimane. I media nascono quindi come strumento di diffusione di qualsiasi tipo di informazione desiderabile dal singolo individuo, e sono molti coloro che concordano su questa tesi, ma un sociologo in particolare ha una visione più radicale. Jean Baudrillard nei suoi scritti parla di ciò che egli definisce “iperrealtà”, ossia una realtà, nata a causa della trasmissione mediatica, che si va a sostituire alla realtà effettiva, annullando perfino l’esistenza di quest’ultima. Non esiste più qualcuno che comunica mediante un mezzo, perché il solo utilizzo del mezzo annulla l’esistenza concreta di chi lo utilizza: così l’individuo non possiede più un’idea di qualcosa di reale, ma solo l’immagine residua derivata dal bombardamento mediatico, che sarà chiaramente discostata da ciò che è effettivamente.
Nella società che Baudrillard va ad analizzare manca ancora un fattore, di cui il sociologo vede solo i primi anni di vita, che è Internet. La dimensione virtuale che si crea dalla connessione attraverso il World Wide Web possiede attributi spaventosamente simili all’iperrealtà descritta da Baudrillard. Su internet è caricata ogni giorno una quantità spropositata di foto, video, musica, notizie provenienti da ogni parte del mondo, che vengono messe a disposizione a tutti senza distinzioni. Queste informazioni rimangono sospese in uno stato di transizione, rendendole disponibili all’utente per una quantità indefinita di tempo. L’enorme stress mediatico obbliga chi riceve le informazioni ad elaborare una quantità esagerata di nozioni il più delle volte superflue e vane, portandolo a vari problemi anche dal punto di vista cognitivo, come deficit di attenzione, difficoltà ad elaborare processi logici e danneggiamento della memoria a lungo termine.
Perché quindi continuiamo a ritornare sui nostri passi? Perché non ci rendiamo conto della sofferenza che provoca essere continuamente soffocati da una dimensione che non fa parte di noi, ma alla quale siamo legati così tanto da non riuscire ad abbandonare?
Tutto ciò può essere connesso al fatto che non esista più una realtà esterna che faccia da riferimento, impedendoci di alzare la testa e osservare i nostri errori. Interrogarsi su come ci lasciamo condizionare dalle masse diventa difficile, anche se siamo consci di essere parte del bombardamento mediatico, perché ormai la realtà che sperimentiamo ogni giorno convive con quella fittizia legata alla dimensione di Internet.
Come possiamo pensare di cambiare una realtà che è diventata incontrollabile?
L’unico tentativo che possiamo provare è riconoscere noi stessi, ripescare ciò che ci caratterizza nell’oceano mediatico e riassemblare i nostri pezzi. È necessaria la capacità di svolgere un’analisi interiore e comprendere quali parti della nostra persona sono proprie di essa e quali sono invece originate dall’influenza esterna. Possiamo solo tentare di estraniarci, cercare di definire i confini della nostra coscienza e lo spazio che c’è tra questa e il mondo esterno. La paura isolarci e rimanere soli, sopportare il peso di vivere come eremiti, questo spaventa l’uomo moderno.
La solitudine viene dipinta come un male, che porta alla pazzia, ma non è forse solo tramite essa che possiamo veramente comprendere ciò che ci circonda?
I social media, nati per la condivisione di pensieri e immagini, dipingono una realtà falsa; per accorgercene è necessario osservare con occhio critico le informazioni che riceviamo.
Quali sono quelle vere, cosa fa parte delle fake news e cosa è invece reale?
In conclusione solo l’esperienza diretta può ancora essere la chiave nella ricerca della verità, perché ci fornisce dei dati ai quali possiamo fare riferimento, e di conseguenza creare una nostra personale interpretazione confutando le influenze che i media hanno su di noi.