di Federica Esposito, 4^D
Il mese scorso ho visto al cinema il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” ed è stato uno dei più toccanti cui abbia assistito negli ultimi tempi.
La pellicola è basata su una storia vera e parla di un ragazzo vittima di bullismo e cyberbullismo.
Si esce dalla sala con un senso di amarezza, perché solo verso la seconda metà è possibile capire che cosa succederà nel finale; all’inizio l’opera racconta semplicemente di questo ragazzo, della sua famiglia, delle amicizie e della passioni che coltiva poi, però, tutto inizia a assumere una nota di amarezza.
Trovo che questo sia un film da far vedere nelle scuole, non solo per il macro argomento del bullismo, ma anche per alcuni temi più sottili ma facilmente comprensibili, come il valore di una madre che lotta e crede nei propri figli o quello di un’amicizia vera e di come ci si accorge troppo tardi delle persone che si hanno attorno.
Infatti Andrea, il protagonista, ha avuto accanto a sé per tutta la sua vita una madre, Teresa Manes, sempre presente, che lo ha lasciato esprimersi a modo suo ma che è sempre stata dietro le sue spalle, per proteggerlo.
Oggi la madre porta la propria testimonianza per le scuole, per sensibilizzare le giovani generazioni sul tema del bullismo e ha condiviso una dichiarazione, a mio parere, bellissima:” Ho sbagliato tante cose con mio figlio, ma sicuramente fagli indossare quei pantaloni rosa non è stata una di quelle”.
Trovo sia una frase tanto semplice quanto potente, che racchiude quello che era l’amore che provava per Andrea.
Lei scoprì solo in seguito l’esistenza di una pagina Facebook, dove Andrea veniva etichettato come “Il ragazzo dai pantaloni rosa”: questa epifania le rese subito chiaro il contesto nel quale la sofferenza del figlio si era sviluppata. Eppure, i “like” su quella pagina erano solo 27, troppo pochi per essere considerati determinanti verso una scelta tanto estrema.
Non si è tenuto conto, però, dl fatto che quel numero poteva essere rappresentativo di un gruppo classe, ad esempio.
La madre al processo, si sentì rivolgere queste parole da parte di un avvocato difensore di uno degli insegnanti indagati: “Se ti metti lo smalto, non puoi non aspettarti la presa in giro”.
In un post su Instagram è stata riportata un’intervista della madre nella quale, accorata, affidava alla rete questa amara considerazione:
“La foto che accompagna questo post non era così nitida. Venne recuperata dal mio profilo, ritagliata e schiarita da un giornalista che la utilizzò a margine del suo articolo.
Scrisse che, a vederlo bene, se mio figlio fosse stato come appariva in questa foto, con un volto meno “bambinesco” di quello che descrivevo, non sarebbe stato di certo uno sprovveduto, incapace dal difendersi da eventuali prese in giro. L’ignoranza e la scarsa sensibilità di questo giornalista mi ferirono più dell’inconsapevolezza dei ragazzi
coinvolti nella vicenda.”
Questo è, a parere di chi scrive, un grande problema che ancora oggi dilaga nella nostra società: quando succede qualcosa di eclatante, come in questo caso, la maggior parte delle persone non mostra la giusta sensibilità. Mi pare si tratti di qualcosa di razionale e condivisibile, si sta chiedendo umanità e non la luna.
Oltre a una grande madre, a mio avviso, Andrea ha avuto una grande amica vicino a sé, che silenziosamente ha provato ad aiutarlo e a stargli vicino, nonostante lui non se ne accorgesse e nonostante l’avesse trattata male e trascurata; lei è rimasta, fino alla fine.
Un altro aspetto che mi ha colpito molto è stato il modo in cui è stato descritto alla perfezione e con grande sensibilità il mondo adolescenziale, i meccanismi con i quali inizia un’azione di bullismo, i rapporti tra i giovani, la complessità delle relazioni. Credo che ciò sia evidente in un dettaglio fondamentale della vicenda narrata: uno dei principali bulli è un ragazzo che Andrea pensava fosse suo grande amico, per il quale il protagonista sarebbe disposto a fare di tutto, anche andare contro se stesso, facendosi sospendere e iscrivendosi ad atletica, proprio come lui, solo per diventare suo amico.
Non vi è segno di gratitudine verso Andre, anzi, sembra che il ragazzo si sia dimenticato tutti i momenti passati con lui, tanto che arriverà ad essere una delle menti dietro alla provocazione che porterà Andrea ad arrendersi e lasciarsi andare, piano piano.
Consiglio veramente a tutti di vederlo, studenti e professori, perché aiuta molto a capire che anche solo una parola sbagliata, rivolta nel momento o alla persona sbagliata, può fare la differenza, con conseguenze difficili da immaginare. Se è vero questo, è però altrettanto evidente quanto possa fare la differenza scegliere di non restare indifferenti alle persone che incontriamo e abbiamo vicino, facendocene carico, se è possibile e se ce la sentiamo, aiutando chi ha bisogno a sentirsi meglio, o trovare aiuto.
Buona visione.
Ricorda, se credi di avere bisogno, o conosci qualcuno che è vittima di bullismo o cyberbullismo, puoi rivolgerti al numero gratuito 114.