“scegliere” come verbo attivo

Emelina Iachimovschi e Francesca Olivetti, 4D

Il cielo è terso, gli alberi si rivestono delle proprie foglie. Il vento soffia e tutto sembra essere tornato al proprio posto.

Sebbene non si possa ancora propriamente parlare di primavera meteorologica, numerosi studenti e studentesse (noi comprese) stanno attualmente attraversando un periodo che possiamo definire tale: la primavera della vita.

Un tempo di scelte e decisioni difficili, talvolta travolgenti, ma che, se affrontate nel modo giusto, possono aprire la strada a un futuro appagante e indipendente.

“Scegliere” deriva dal latino ex-eligere e rappresenta, quindi, “l’espressione positiva della volontà1. Ma, ai fatti, che cosa significa questo verbo? L’azione di decidere è direttamente riconducibile a una straordinaria facoltà umana di cui tutti disponiamo: il libero arbitrio.

Nella società odierna, le possibilità di specializzarsi, i mestieri e le facoltà disponibili sono pressoché infiniti, con industrie e attività in continua evoluzione per rispondere alle esigenze moderne.

Perciò, diviene indispensabile allenare una scelta attiva e consapevole di ciò verso cui ci sentiamo più orientati. Molto semplice da spiegare ma, come già detto, non sempre un cambiamento così radicale può essere gestito in maniera razionale, né la moltitudine può essere affrontata con assoluta sicurezza.

Le potenzialità di un mondo variegato spaventano, ma se non altro il lato positivo è che ci troviamo tutti sulla stessa barca: in balia del mare in tempesta, in uno stato confusionario di fronte a tanti ambiti così sfaccettati e altrettanto ignoti.

È senza dubbio un periodo in cui siamo sottoposti a uno stress mentale elevato, tra esame della patente, maturità, test di ingresso all’università, PCTO, orientamento… che giramento di testa!

Eppure, in tanti ci sono riusciti, uscendone indenni, quindi perché non noi?

La scuola sta in parte facendo un lavoro di orientamento con le classi quarte e quinte, ma le criticità che mi sento di muovere non sono indifferenti: gli incontri mattutini o pomeridiani sono di aiuto per dare una direzione generale a noi studenti, ma è essenziale coltivare in maniera autonoma e personale la ricerca delle facoltà, degli atenei, dei corsi di specializzazione e così via.

In assenza di questo lavoro, la scuola può fare ben poco, in quanto le sue risorse sono limitate alle ore da cui sono composti i moduli. Per questo, scegliere deve essere un impegno attivo del singolo, che, facendo ciò, non solo è libero di esplorare i propri interessi con un occhio al futuro, ma si rende anche più autonomo.

La paura del futuro è una sensazione che tutti provano almeno una volta nella vita, può essere determinata da diversi fattori, ma sicuramente il dover compiere una scelta che andrà a condizionare una parte importante della nostra vita può sembrarci una montagna insormontabile.

Nel corso di uno degli incontri per l’orientamento rivolto alle classi quarte è stato citato un numero: 90.000, ma che cosa indica? Sono le ore che una persona in media passa lavorando, nell’arco di tutta la vita. Essendo così tante è normale porsi qualche domanda in più, prima di decidere come le si vuole passare. Quattro/cinque anni fa ci è stato messo davanti il quesito del “cosa voglio fare alle superiori?” e già questo passaggio per un comune 13enne risulta essere complicato, figuriamoci se la scelta riguarda tutta la propria carriera e non solo il successivo quinquennio.

Dunque la scelta ci deve spaventare? Questo periodo della vita deve essere affrontato con senso critico, bisogna prendere le proprie scelte con leggerezza, il che non vuol dire sottovalutarle, ma non farsi schiacciare dal peso dell’incertezza e dalla paura di agire in un determinato modo.

Infine, ci sentiamo di lasciare tutti i futuri maturandi e lavoratori con una riflessione: spesso ci si prepara alla tempesta, quando, contro ogni aspettativa, ciò che dobbiamo affrontare si rivela non essere altro che un venticello.

1 dal sito www.unaparolaalgiorno.it