Genocidio Cambogiano

Diego Alleluia, Andrea Cervi, Alex Cattani

Gli avvenimenti

Ci troviamo nell’anno 1975 quando i Khmer Rossi guidati da Pol Pot entrarono nella capitale cambogiana Phnom Penh, conquistandola, rovesciando il governo filo-statuniteste instauratosi negli anni precedenti, e istituendo un regime comunista che andrà a decimare la popolazione cambogiana, uccidendo oltre 1.500.000 persone.

Gli aguzzini che eseguirono materialmente questo massacro tuttavia non erano altro che contadini e lavoratori manuali che, guidati da un élite di politici con idee staliniste, erano dediti a sterminare i così detti “nemici del popolo” i quali non erano altro che amministratori e politici del precedente regime ma anche insegnati, intellettuali e chiunque si allontanasse dal lavoro manuale: ciò va a dimostrare quanto l’ignoranza di una popolazione cieca possa fare del male. Per tre anni e mezzo la Cambogia fu dominata da un clima di terrore caratterizzato dalla deportazione di intere famiglie in comuni popolari. Il sovraffollamento e la morte erano alla regola del giorno, dalla morte inflitta per tortura a quella per fame. Furono imposti lavori forzati nelle comunità, il pasto in comune, la malnutrizione. Una rete ramificata di prigioni fu costruita in tutto il paese; intere famiglie, clan, gruppi di parenti e conoscenti furono eliminati.

La testimonianza 

Ricorda Sidney L. Liang, un cambogiano riparato negli USA : 

“Mi misero in un gruppo di bambini miei coetanei, potevamo vedere i nostri genitori solo una volta al mese. Non ci era consentito mostrare alcun tipo di emozione. Non potevamo piangere, ridere o agitarci quando incontravamo o salutavamo i nostri genitori. Ogni giorno il capo ci portava a lavoro: raccoglievamo letame e piante acquatiche alla fattoria. La nostra normale giornata di lavoro iniziava intorno alle 6:30 del mattino e si rientrava alle sette di sera, ma non potevamo dormire prima di avere partecipato alla riunione prevista dal programma, che terminava verso le nove. Alcuni la definivano “sessione di lavaggio del cervello”. 

(G. Vecchio, Genocidi e giusti nella storia del novecento, Bottega del libro, 2012) 

I giusti

Claire Ly nasce in Cambogia il 25 ottobre 1946 da una famiglia benestante. Laureata, è diventata insegnante e poi funzionaria del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1975 è deportata in un campo di lavoro forzato dove rimane fino al 1979 quando, alla caduta del regime, emigra in Francia. Mascherando la sua origine “borghese” riesce a sopravvivere con i due figli grazie all’identificazione da parte dei khmer Rossi come “forza lavoro primaria”. In quegli anni vengono uccisi il marito, il padre e i fratelli. Claire Ly racconta la sua ostinata lotta per la sopravvivenza nel libro Tornata dall’inferno, testimonianza preziosa del genocidio cambogiano. Dal 17 aprile 2012 a Claire Ly sono dedicati un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo, a Milano.