Genocidio dei Rom e dei Sinti
Filippo Bulgarelli, Elena D’Amico, Emanuele Galvani.
Il 2 Agosto si commemora il genocidio delle etnie dei Rom e dei Sinti. Gli anni dello sterminio vennero chiamati Porrajmos (grande divoramento) o Samudaripen (tutti morti). Le modalità delle stragi rendono complicato definire il numero delle vittime. Il Porrajmos fu una cosa mai vista prima, ma di certo non inaspettata e improvvisa, come fu per la Shoah (persecuzione contro gli Ebrei). I due popoli da tempo non erano accettati dalle altre comunità, considerati come “diversi” e accusati delle disgrazie delle comunità europee. Benito Mussolini, emanò nel 1926 una legge che consistette nella purificazione dell’Italia dalle “razze diverse”.
Nel 1942 Heinrich Himmler, capo delle SS, fece sì che Rom e Sinti, da condurre a morte, fossero deportati nel campo di Auschwitz. Diversamente da ciò che successe agli Ebrei, i familiari non vennero inizialmente separati oppure scelti per entrare nelle camere a gas che tutti noi conosciamo, ma furono confinati nello Zigeunerlager.
Nello Zigeunerlager le persone morirono per malattie, infezioni, fame e per le condizioni di vita precarie. Inoltre, il Dr. Josef Mengele decise di utilizzare molti di loro come cavie umane vere e proprie per condurre test in campo medico. Alla fine, il regime nazista, decise per la soppressione della popolazione rimasta ancora viva, nelle camere a gas.
Le persone furono prelevate dalle foreste ucraine e lituane, stipati in camion chiusi, poi uccisi con una sostanza gassosa; nel giro di pochi minuti morirono tutti e i loro cadaveri vennero buttati nelle fosse comuni.
Testimonianza di un Giusto
Alfreda Noncia Markowska, una polacca Rom, originaria di Stanisławów, quando iniziò la guerra, si trovava a Leopoli con la sua tribù. Per rifugiarsi si spostarono in Occidente. Noncia, all’età di quindici anni, si allontanò dalla sua tribù per lavorare.
Quando decise di tornare, fu avvertita da un passante, di nascondersi in una stalla per evitare un grande pericolo; infatti si sentivano grida e spari: furono uccisi tutti i membri della sua famiglia (si salvò solo suo marito). In seguito a quell’evento sconvolgente, Noncia si occupò di salvare più bambini che poteva (ne portò in salvo circa 50), li nascose in ripari nel bosco e li fece allontanare dai pericoli. I bambini stessi la cercavano per trovare protezione nelle sue braccia e se era possibile, per chiederle di ricongiungersi ai genitori.