Cristian Alfano
Nel canto V del Purgatorio, Dante incontrerà molteplici personaggi e anime che si stupiscono del suo corpo umano. Qui risiedono i negligenti, coloro che sono passati oltre per via di una morte violenta e pentiti prima del loro decesso. Nei sei versi finali viene presentato un personaggio femminile con una storia riconducibile a quella di Francesca del canto V dell’Inferno: Pia de Tolomei. Intrappolata in un matrimonio di interesse, venne uccisa dal marito per mano di alcuni sicari che la gettarono dalla finestra del Castel di Pietra. Si suppone che l’uomo credesse che la moglie lo avesse tradito e questo lo indusse a commettere l’omicidio.
Dolente Pia innocente è prigioniera: è così che la descrive Gianna Nannini nel suo testo musicale. Imprigionata in un amore che non le apparteneva, obbligata a sposare un uomo che non amava e punita dopo essere sfuggita per un istante alla subordinazione maniacale nei confronti del marito. Rinchiusa in quella torre, Pia de Tolomei poteva solo “pensare a quei giorni del passato”, in cui era libera di sognare e libera di amare. Ma a quel tempo, una volta entrata sotto il controllo di un uomo era difficile sfuggirne, soprattutto se questo era tuo marito. E perciò, una volta che le venne donato il fatidico anello citato nei versi, la sua vita andò in frantumi . E mentre i giorni , i mesi, e gli anni passavano, il suo dolore cresceva sempre più. Questo è ciò che si può cogliere dalle due ultime terzine del canto. Il non voler parlare della propria storia sottolinea come questa sia ricca di tormenti e ingiustizie, proprio come quella raccontata da Francesca da Rimini. Le due figure sono entrambe vittime di un femminicidio, l’unica differenza che le contraddistingue è il modo in cui esprimono il proprio risentimento. Francesca, trovandosi in un ambiente in cui le passioni hanno il sopravvento, racconta l’intera vicenda a Dante il quale, colpito dalla pietà, “cadde come corpo morto cade”. La reazione del poeta è uno degli elementi che evidenziano la tragicità dell’ illecita storia d’amore della ragazza. La seconda donna invece, spinta solo dalla speranza e dalla carità verso Dio, decide di non rivelare tutta la sua storia. Si limita invece a chiedere di pregare per lei, alludendo alla sua drammatica vicenda con poche parole: “salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”. Ma in quelle brevi frasi, si cela una storia carica di sofferenze di cui ancora non si conosce la verità. Le due figure sono legate da un flebile filo che purtroppo intrappola molte altre donne della nostra epoca: quello della violenza di genere. Ancora oggi si parla di mariti violenti, matrimoni combinati, rapporti tossici e ragazzi estremamente gelosi, e tutto ciò sfocia spesso in violenza e femminicidi. Spero che prima o poi il genere maschile si renda conto che le donne non sono oggetti da sottoporre al proprio dominio, bensì creature radiose che con la loro estrema intelligenza e bellezza rendono la vita assai più interessante.
Che possano tutte le donne vittime di violenza rendersi conto del proprio valore e trovare la forza per poter tornare a splendere come prima.
Che possano le donne vittime di femminicidio trovare la pace che si meritano.