Società di massa
MONTECCHI LEONARDO
Già nel 1600, la società, incapace di opporsi a quella autorità schiacciante che costituivano i testi degli antichi scrittori classici e i dogmi secolari, riesce a progredire verso una ricerca più autonoma con l’avvento del metodo scientifico ed empirico di Galileo Galilei che non asseconda il pensiero comune ma si assicura in prima persona di ciò che indaga per formare una propria opinione imparziale. È proprio questo che rende Galileo un personaggio degno di nota: si distingue dai suoi contemporanei e dà un contributo significativo alla storia.
Quando si parla del passato, nonostante si stiano considerando così tante persone, vengono ricordati soltanto alcuni personaggi proprio perché sono i singoli a creare innovazione cercando fuori da ciò che è ritenuto comune, mentre la moltitudine in sé non porta progresso bensì staticità; quando si devia dal pensiero comune, la massa agisce per riportare tutto all’omogeneità in quanto essere diversi viene spesso visto come sbagliato e spesso causa un’emarginazione dalla collettività. Questo disprezzo verso il dissimile porta a una pressione sociale sugli individui che si discostano dal pensiero generale sfavorendo la formulazione di nuove idee, così infatti era per gli aristotelici del seicento che seguendo ciecamente il principio dell’ipse dixit opprimevano qualsiasi ideologia che si contrapponesse a quella di Aristotele.
Con l’esordio dell’epoca moderna e dell’industrializzazione la situazione non ha fatto che peggiorare, l’importanza dei singoli si è lentamente affievolita fino a che la società non è diventata un intricato meccanismo in cui tutti i partecipanti sono amalgamati in un complesso unico. Anche se rimanevano delle distinzioni in base alla classe, relativa alla propria posizione economica, ogni persona considerata singolarmente non aveva un vero e proprio valore se non come parte del grande ingranaggio.
Naturalmente non va trascurato il notevole sviluppo tecnologico che l’umanità stava attraversando e che ha avuto come conseguenze una maggiore disponibilità di beni essenziali e secondari, ma sul piano sociale e culturale ci si trovava in una situazione tremenda. Se osserviamo questo stile di vita facendo riferimento al concetto moderno di libertà, ci si trovava in una situazione distopica, priva di pensieri personali e soggettivi in un mondo grigio e monotono in cui regnava l’uniformità e il conformismo. Spostandoci all’ultimo secolo e alla nostra società contemporanea, si può notare come il drastico aumento della popolazione non abbia fatto altro che facilitare la diluizione del singolo nella massa, confrontandoci con gli altri decidiamo come agire e come comportarci per compiacerli, finendo per perdere noi stessi e la nostra individualità.
“Nella solitudine, il solitario divora se stesso. Nella moltitudine, lo divorano i molti. Ora scegli.”
scrive Nietzsche; possiamo scegliere se essere noi ad agire su chi siamo o se farci “divorare”, o condizionare, dai molti perdendo ogni sorta di indipendenza e restando perennemente nella normalità. Ciò che è normale e nella media fa prevalere inesorabilmente la quantità alla qualità. Qualità che è, tuttavia, necessaria se si vuole sviluppare una società progressista che punta a un futuro migliore. Pensiero con cui anche Kierkegaard concorda scrivendo che
“In ogni campo e per ogni oggetto sono sempre le minoranze, i pochi, i rarissimi, i singoli quelli che sanno: la folla è ignorante.”
definendo la moltitudine come un congegno incapace di ragionare. Io ritengo che l’uomo di per sé, necessiti di vivere in comunità per poter collaborare e scambiare opinioni, tuttavia se queste vengono manipolate dai grandi media di massa, il singolo perde di significato in quanto sparisce il confronto fra parere divergenti che innescano discussioni e ci fanno ragionare su chi siamo veramente. In un mondo in cui l’opinione pubblica diventa standardizzata e segue i giornali, gli articoli online e le pubblicità gli uomini diventano semplici pedine che possono essere controllate a piacere dalle alte sfere che si nascondono nelle multinazionali, nelle grandi corporazioni e nei governi, specialmente quelli di matrice totalitaria.
Sulla base di questi fatti scegliere di vivere in un modo completamente distaccato dalla massa non diventa però una scelta completamente ovvia perché, seppur l’emancipazione del pensiero personale da quello collettivo crei un individualismo necessario all’elaborazione di nuove idee, è vero anche che può generare conflitti ideologici che, in certi casi, possono essere catalizzatori di discriminazioni e guerre. D’altro canto un mondo omogeneo e livellato porta a una relativa situazione di pace, almeno all’interno di una singola comunità.
Credo però che una realtà in cui tutti sono uguali risulti piatta e inevitabilmente noiosa
quindi, se vogliamo dare un senso alla nostra esistenza, dobbiamo impegnarci e avanzare giudicando noi stessi le informazioni che riceviamo senza adagiarci insensatamente
alla normalità che ci è imposta dalla moda e dalle tendenze del momento. Se vogliamo veramente distinguerci ed essere chi siamo realmente, non possiamo aggregarci ai tanti in quanto come disse Einstein:
“Colui che segue la folla non andrà mai più lontano della folla.”
e dunque rimane vincolato a qualcosa che non sempre lo rappresenta. La libertà di espressione è un diritto che è stato ottenuto con fatica e oggi, che ne siamo in possesso, non possiamo limitarci a sprecarlo per rimanere un frammento indistinguibile di una grande macchina, dobbiamo dimostrare di avere un valore unico per progredire. La nostra società dovrebbe valorizzare in modo maggiore l’originalità e la creatività mentre dovrebbe essere reso chiaro che pensare basandosi esclusivamente sulle opinioni altrui sia sconsiderato.